Torno a casa come ogni sera. Gli scatoloni e le valigie riempono gli angoli, dei due locali, da circa dieci mesi. Non è casa mia, è il luogo dove prosegue la mia esistenza grazie al bonifico che mensilmente attesta la mia solvenza. Non so cosa ne sarà del mio futuro, ormai non mi appartiene da tempo. Sento forte l'odore di polvere fra i polpastrelli, la doccia non sempre riesce a lavare il lavoro di dosso. Questo odore è l'unica cosa reale che riesco a percepire, più reale della mia stessa carne che non riesce a trasmettermi famigliarità da tempo. La televisione la spengo ancor prima di accenderla. Nessun piatto sporco da lavare mi ricorda che non ceno da quattro giorni, in compenso mi abbuffo in mensa. Mi da fastidio questa mia inutilità e detestandomi cammino per la stanza senza meta. Nel frigo trovo uno yogurt al limone. Mi manco. Mi rendo conto di essere un inutile e debole essere umano, dalle piccole cose. Questa mattina, in auto, dalla radio uscivano le note di una canzone dei Marillion ("Warm Wet Circle" dall'album "Clutching at Straws") e senza alcun motivo, il mio corpo si è irrigidito distribuendo sulla pelle quella sensazione di freddo, quella patetica "pelle d'oca". Non ci siamo.
Apro la finestra, guardo il mondo. Migliaia di ingranaggi con un ruolo, in molti casi inutile, ma tutti intenti a girare a tempo. Tante luci, tante strade, tanto tutto. Mi faccio pena. Veramente.