domenica 7 ottobre 2007

La più lontana

Mi ritrovo di fronte a questa stazione, so come ci sono arrivato e so anche perché sono qui. In questo spazio e in questo tempo sembra che io sappia molte cose. Qui sono a mio agio, nulla può ferirmi, nulla può cambiare, nulla può essere scritto. Attraverso la porta, senza aprirla, senza camminare, mi muovo in maniera diversa. Guardo i cartelloni degli orari, pochi treni passano in una giornata su questa linea monobinario, linea che arranca verso i monti dai riflessi rossi e dal nome francese. Nessuna presenza nell’atrio, niente personale di servizio, non si acquistano qui i biglietti, la stazione è ormai morta. Esco sulla banchina, so dove devo andare. Mi fermo a respirare l’aria fresca di questo inverno senza neve, guardo, la davanti, le montagne con quel loro verde scuro e cupo che ancora mi porto dentro. E’ ormai cominciata la sera, e lungo i binari non c’è nessuno, so solo che alla mia sinistra, seduto sull’ultima panchina, la più lontana, c’è un ragazzo, mi giro e lo vedo laggiù. Testa bassa, musica nelle orecchie, occhi stanchi, aspetta il treno che lo riporterà, come ieri e come domani, al paese prigioniero di quei monti che gli hanno già chiuso l’anima. Mi avvicino a fatica, ogni metro amplifica il dolore, e mi siedo su quella panchina, la più lontana. Davanti, un pennacchio di vapore continuo disegna forme bianche sullo sfondo verde, si lavora il legno laggiù. Guardo quel ragazzo, il suo modo di vestire, il suo tentativo di cantare, a bassa voce, quelle note che lo difendono dal mondo. Conosco le sue speranze, il suo dolore e le sue gioie. Ha il futuro fra le sue mani, fra qualche mese si laureerà, la tesi è quasi finita. Lui non sa quello che so io, lui non immagina quante case abiterà, quello che perderà e quello che incontrerà, quante volte scapperà da se stesso dando la colpa a ciò che lo circonda, per poi trovarsi nuovamente solo a ricominciare un’altra volta. Vorrei potergli parlare, ma non mi è possibile, non può ascoltarmi. La sua presenza vicino a me comincia a farsi pesante, i miei occhi si velano di liquido che non voglio lasciar cadere, lui si gira, mi guarda senza vedermi ed io, riflesso nei suoi occhi, gli dico di stare attento, di stare attento alle scelte che farà, perché ho capito che anche la più sciocca delle scelte ti può cambiare la vita. Gli dico di non nascondersi dal mondo, di scegliere una panchina più vicina alla gente, di uscire di casa, di non fare quello che ho fatto io. Mentre sto ancora parlando lui si alza, è arrivato il treno. Non posso fermarlo e so che non lo rivedrò mai più. Rimango solo su questa panchina, la più lontana, con la musica nelle orecchie aspetto il treno.
Quelle che lascio oggi su questa banchina sono lacrime vere.
Ciao ragazzo.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro under,
mi fai una rabbia.. il tuo blog è un esempio di un corso di scrittura.. punteggiare ovunque alla cadenza giusta domande che mantengano viva la suspence... chi sei? che lavoro fai? dove vivi? perchè viaggi così tanto? che diavolo ti è successo? quello che racconti ti succede davvero o è tutta una finta? ci stai riuscendo, tutte le volte che apro il mio blog vengo a vedere il tuo e puntualmente mi trovo a farmi una nuova domanda..
grazie per i tuoi complimenti e i tuoi auguri, ma il futuro (quello prossimo almeno) non lo vedo così roseo... mi sono "invaghita" di uno più depresso di te e non c'è muro più invalicabile di questo... se hai qualche suggerimento per abbatterlo è ben accetto!
baci! e, come si dice a firenze (affettuosamente), ripigliati!

Vale ha detto...

Vivo...mi muovo sapendo nel profondo che verrà il tempo in cui i perchè si scioglieranno. E' certo come la promessa del treno annunciato, quando gli sguardi sono rivolti lontano e sanno ciò che vedono. Ma dopo la tempesta di ferraglie e di velocità rimane soltanto qualche pezzetto di carta svolazzante sui binari e gli occhi fissi a terra trovano intere stagioni date e mai appartenute...il fumo ferisce gola e occhi...io non resto in questa stazione...preferisco camminare "altrove"...aspettando anche dal mio balcone che il tempo sia scandito dal saluto del treno!!! Un abbraccio leggero...

undercoverman ha detto...

Ciao turbobradipa.
Nulla è finto in quello che racconto, molte cose mi sono successe e se solo potessi riscriverle renderei tutto più semplice. Ma non è possibile, allora continuo a scappare da me stesso, a cambiare vita, lavoro, senza sosta, senza tregua.
Se sei veramente invaghita , insisti, lui si accorgerà di quanto tu sia importante e te ne sarà grato. Insisti bradipa, non mollare.
Io sto cercando di ripigliarmi e forse prima o poi ci riuscirò.
Ciao Bradipa.

undercoverman ha detto...

Valentina.
Cosa posso dire a chi già sa molto. Mi alzo dalla panchina e mi dirigo verso "altrove", sperando di ritrovare li tutti i punti di domanda, tutto quello che non ho capito, ma che potrò finalmente comprendere, grazie a chi quelle risposte le ha già coltivate. Mi cullo nel tuo abbraccio e ti auguro una notte serena.